Lavoro e Web: tra incertezze e nuove opportunità
Sono quasi due anni che la “crisi” imperversa globalmente: non ha risparmiato neanche il nostro settore e in generale quello dell’ICT. Anche se i vari studi confermano che questo settore è il solo in netta ripresa e può essere il vero traino per l’economia.
Purtropppo per quel che riguarda le professioni del web in Italia le cose stanno cambiando molto lentamente, personalmente registro un immobilismo irritante soprattutto per quel che riguarda le grandi aziende. Nonostante la crisi, nonostante la tecnologia e soprattutto l’affermarsi di internet (specie in forma 2.0) le medie e grandi realtà non stanno investendo nello sviluppo di risorse eccellenti e nuovi talenti.
La situazione italiana: le medie e grandi aziende
Penso sia impossibile parlare in Italia di realtà come Google, ma allo stato attuale regna incontrastato un caos che coinvolge le professioni, le retribuzioni e le prospettive di crescita.
Non vengono affrontati temi come il tele-lavoro ossia contratti che guardano più al risultato che alla presenza in ufficio (attestata dalla timbratura del cartellino).
Un bravo professionista non riesce a trovare facilmente la propria strada perchè il management guarda nel breve periodo solo ai risultati e all’abbattimento dei costi, aumentando così gli utili per se e per gli azionisti. Lo sviluppo, la ricerca e la “retention” verso i talenti emergenti non è un obiettivo delle aziende italiane in cui le funzioni di Risorse Umane non dettano più le strategie in questo ambito.
Oltre a questo approccio sbagliato, le aziende continuano a valutare i propri dipendenti in base alla presenza giornaliera e alle quantità di ore lavorate, mentre la qualità del lavoro, il rispetto dei tempi e la curiosità nello sperimentare non sono valori così importanti. Soprattutto nell’ambito web il discorso tele-lavoro potrebbe essere applicato con successo, cambiando le logiche contrattuali a vantaggio del conseguimento del risultato e dell’obiettivo. Con il tele-lavoro si potrebbe dare al dipendente un notevole benefit in termini di tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro, la possibilità di non dipendere da un orario rigido, ma anche risparmio economico.
Questo risparmio di riflesso andrebbe a toccare anche l’ambito aziendale: risparmio in termini di luce, riscaldamento/condizionamento, predisposizione postazione di lavoro, ecc.
Le aziende inoltre farebbero un vero passo avanti verso la sostenibilità, contribuendo non poco all’abbattimento dell’inquinamento (soprattutto nelle grandi città). Questo modello è valido per il web ma ovviamente per tutte quelle attività in cui il dipendente comunica con i colleghi soprattutto attraverso telefono (e conference call), mail e messaggistica istantanea.
La soluzione per un bravo professionista quindi potrebbe essere quella di andare in una realtà più piccola (nel nostro caso una web agency) oppure diventare freelance. Ed è di questo che mi voglio occupare.
La situazione italiana: il mondo freelance
Tutti sappiamo come sia complicato per i professionisti del web far valere le proprie competenze. Convincere l’azienda (che vuole dotarsi internamente di un reparto web), che una sola persona non può portare avanti tutto il progetto è una delle sfide che tutti noi ci troviamo a combattere quotidianamente. Far capire che un web designer con competenze di Asp.net, PHP, MySql e suite Office non è un profilo REALE è un’impresa in Italia: basta vedere gli annunci che ci arrivano via email, rss o sui portali specializzati.
Hai fatto mai un confronto con gli stessi annunci pubblicati per il mercato USA, UK o anche tedesco? Sicuramente i budget o gli stipendi saranno più alti (proporzionati al costo della vita) ma viene richiesto espressamente e con puntalità un profilo ben specifico. Personalmente seguo gli annunci di lavoro esteri per questo motivo: capire dove si sbaglia in Italia! La risposta è semplice: manca la cultura!
Se consigliate a qualcuno di andare da un carrozziere per problemi alle luci dell’auto la risposta sarà che ci vuole un elettrauto, giusto? Se in un’azienda italiana c’è bisogno di un front-end developer (che conosca xhtml, css e javascript) si cercherà magari un programmatore oppure un grafico stampa!
Negli annunci dei clienti finali la situazione è ancora peggiore e diventa quasi ridicola. Credo di non aver mai incontrato un cliente che sapesse davvero cosa gli servisse.
Cosa fare allora?
Credo che un dipendente di una grande azienda, che voglia avere più spazio, debba guardare con interesse le piccole realtà specializzate: ossia le web agency. Non serve cambiare per andare in un’altra grande azienda, le problematiche saranno le stesse.
Diventare freelance potrebbe essere davvero complicato se non si ha esperienza e se non si è pronti a considerare periodi di “magra” magari dopo anni di “stipendio sicuro”.
La cosa che però non capisco e critico, risiede nel fatto che le aziende (in questo caso di qualunque tipo e dimensione) scelgono maggiormente di applicare questi contratti “flessibili”. Non mi addentro nello specifico perchè ci sono tantissime varianti, ma la sostanza è che la flessibilità è soprattutto per l’azienda. Quest’ultima offre un contratto atipico (quindi senza garanzie, con durata limitata, senza ferie o malattie), ma obbliga il dipendente ad una prestazione di taglio “tipico” o “tradizionale”. Questo significa presenza in sede, orari e magari anche esclusività del rapporto precludendo la possibilità di prendere lavori extra. Di tele-lavoro non si accenna mai.
Come al solito in Italia le novità vengono applicate in modo distorto: in questo caso la favola della “flessibilità” è assolutamente diventata un incubo per molti.
Il freelance condivide lo stesso stato di crisi di chi ha un contatto a tempo, ma ha la possibilità di poter lavorare su più progetti contemporaneamente e magari scartare i lavori che gli sembrano poco convenienti. Certo bisogna continuamente cercare la giusta commessa, il giusto progetto, il cliente ottimale.
Alcuni consigli
Non mi dilungo sull’elencarti i vari siti di annunci specializzati, ma consiglio però di cominciare a seguire anche quelli esteri, soprattattuo statunitensi. Inizialmente per prendere confidenza con le richieste (e ti stupirai della precisione delle stesse), con un pò di pratica si possono cominciare ad inviare le proprie candidature e prendere qualche lavoro. Se questo avverrà noterai come la distanza non sia un problema di efficenza nè di fiducia, di come Skype sia un ottimo alleato e di come i pagamenti saranno facili e veloci grazie a PayPal (in Usa lo utilizzano tutti). L’unico problema potrebbe essere il fuso orario. Su questo argomento voglio darti, invece qualche link utile:
- http://jobs.webdesignerwall.com/;
- www.authenticjobs.com;
- www.krop.com (a mio avviso il più completo);
- www.realwebjobs.com;
- http://jobs.freelanceswitch.com/ (a pagamento)
Sono tutti servizi molto validi e sicuri, testati personalmente.
Sempre in ambito globale e anche per stuzzicare la curiosità di molti pubblico questa classifica con le 50 skills più ricercate:
La classifica è stata pubblicata in un articolo di Donanza che analizza le diversità tra svikuppatori WordPress, Drupal e Joomla. Questa tabella potrebbe anche esservi utile in ambito SEO…
Una nuova prospettiva: l’asta online
Ho lasciato per ultima un’altra risorsa che si stà facendo strada in Italia molto velocemente. Il modello ovviamente è importato dall’estero, ma garantisce un gap minimo tra le richieste del cliente finale e il vero prodotto da realizzare. Questa realtà si chiama piattaforma per la mediazione professionale. Funziona come un’asta dove il cliente/azienda pubblica il servizio desiderato, con tempi e budget e i vari fornitori iscritti pubblicano le loro offerte.
Il cliente vede il profilo e assegna a suo piacimento il progetto. La piattaforma guadagna dalla transazione prendendo una piccola percentuale del budget definito. Realtà come questa garantiscono che i lavori commissionati siano aderenti con le richieste e le specifiche e per i fornitori (noi) viene allontanato lo spettro di richieste folli o assolutamente non compatibili con le nostre skills.
Tra queste realtà vorrei segnalare twago.it che è appunto (da loro definizione) “una piattaforma globale per la mediazione di servizi altamente qualitativi”. Twago nasce in Germania ma il sito è localizzato anche in Italia. Le offerte di lavoro arrivano via email e si può scegliere anche di partecipare a lavori fuori dai confini italiani.
Provalo perchè le possibilità di aumentare il bacino di clienti è davvero alta, in totale sicurezza.
– Cosa ne pensi del tele-lavoro in generale?
– Nel nostro ambito i mezzi tecnici ci aiutano (skype, email, strumenti di condivisione), ma è possibile lavorare ognuno nella propria stanzetta?
60 commenti
Trackback e pingback
-
Tweets that mention Lavoro e Web: tra incertezze e nuove opportunità | Your Inspiration Web -- Topsy.com
[...] This post was mentioned on Twitter by Anna Pallotti, Simone D'Amico. Simone D'Amico said: Lavoro e Web: tra incertezze…
Io penso sia possibile lavorare dalla “propria stanzetta”. La mia realtà di web designer freelancer è media.
E’ vero certi mesi quando il lavoro è tanto , mi viene il piacere a lavorare, ma è anche vero che ci sono certi mesi dell’anno dove non faccio neanche una lavorazione.
Devo essere sincero: io in quasi 3 anni di partita iva ho fatto qualche soldino, non sono diventato miliardario, ma riesco spesso e volentieri a sbarcare il lunario e far uscire uno stipendio.
La cosa importante è non scoraggiarsi mai, e aumentare sempre la pubblicità.
Esempio pratico:
– Il primo anno ho pagato un noto servizio di pubblicità online, e ho preso qualche cliente;
– Il secondo anno ho investito un sacco di soldi sul cartaceo, con una nota ditta di poste, mandando lettere a tutte le attività commerciali della mia città e della provincia ( e anche quello è servito a molto ).
– Il terzo anno ho aperto il blog, e finalmente si sono aperte le porte. Mi faccio conoscere pure fuori dalla mia città , e riesco a raggiungere clienti fuori dall’isola ( sono Siciliano non hawaiano XD ).
Quindi:
il mio consiglio è quello di farsi conoscere attraverso la pubblicità, il buzz marketing e tutto quello ci ritroviamo davanti.
Il tele-lavoro è fattibile, ho alcuni clienti di rovereto e salerno, senza aver mai preso l’aereo, soltanto attraverso skype e mail.
Poi questa è la mia strettissima opinione :)
La tua opinione è completamente condivisibile e guadagnarsi da vivere onestamente e solo grazie al proprio talento è onorevole e fonte di estrema soddisfazione, complimenti!
Il discorso delle offerte di lavoro freelance dall’estero è molto interessante, ma fiscalmente come fai a tenere tutto in regola? Per es. io lavoro con ritenuta d’acconto, questo significa il mio cliente paga le tasse al posto mio su una percentuale della fattura, non so se all’estero esista qualcosa del genere, o se sia possibile…
Semplice: se fai un lavoro per gli USA ti fai fare la ricevatuta/fattura compresa di tutto tramite paypal. Se hai partita iva non devi aggiungere l’iva. E’ molto semplice, puoi chiedere a qualunque commercialista!
Questo articolo casca a fagiuolo.
come Nando e Sara sanno il 30 Novembre (speriamo) sarà il mio ultimo giorno di lavoro come dipendente e avvierò la tanto sognata attività da freelance.
Spero tanto di non pentirmene ma sono moooooolto fiducioso :D
Fatemi gli auguri :D
In bocca al lupo ;)
Nel tuo piccolo sei un eroe! In bocca al lupo
Augurissimi… in bocca al lupo! :)
Crepi Crepi CREPI
;)
Grazie ragazzi
Sasa’, noi siamo dalla tua parte, lo sai :D in bocca al lupo [e speriamo anche di diventare vicini di casa, eh eh!]
Quello che ho letto mi appare come una disamina del mercato del lavoro fatta da un tecnico completamente a digiuno di management aziendale, gestione del cliente, regolamentazione del mercato e approccio commerciale.
Per intenderci ciò che dicevo io quando ero dipendente a 30 anni. A questo si aggiunga il solito pizzico di esterofilia tutta italiana utile a sbagliare l’analisi facendola cioè da un unico punto di vista.
Non dico che il problema non esista. Tuttavia le aziende si confrontano con i mercati, i clienti, le leggi, le possibilità di spesa, l’istruzione statale, la voglia di pappa pronta dei giovani, la mancanza di intraprendenza generazionale.
Una volta considerato il problema dal punto di vista sociologico, formativo, normativo e fiscale forse riuscirai a produrre un articolo sensato sull’argomento.
Ciao Carlo condivido con te quasi tutto, anche perchè sono un dipendente di 30 anni (quindi abbiamo molto in comune, visto che sono anche di Brindisi). Non condivido però il piglio del tuo commento, fatto di critiche ma non di punti di vista pratici.
Per la questione del profili all’estero è un dato di fatto e non un’esterofilia. Possiamo assieme consultare le ricerche di profili in Italia e negli USA e vediamo quali siano le più calzanti per un freelance o per un dipendente che vuole cambiare lavoro.
Per il resto è vero che le aziende devono fare i conti non tutto quello che dici tu e sicuramente non ho doti manageriali, ma il mio punto di vista è strettamente legato alla flessibilità dei contratti e alla sostenibilità delle aziende che la sbandierano ma poi non la applicano.
Nella mia azienda non importa la qualità del lavoro, importa solo che le timbrature siano esatte e in orario. Oltre a questo non si sostiene affatto il lavoro da remoto che potrebbe aiutare a diminuire molto il traffico di una grande città e soprattutto è un benefit tangibile per tutti i dipendenti. Andare a lavoro a 30 km di distanza, rispettando orari poco flessibili, significa avere un’auto con tutte le spese annesse, calcolare in media 2 ore della propria vita persi per andare a lavoro e poi se si hanno dei figli le spese aumentano. Secondo me i manager dovrebbero guardare a quello e anche allo sviluppo dei talenti che come tutti sanno non si trovano nelle grandi aziende ma solo nelle piccole realtà.
Che ne pensi?
Il tele-lavoro per il nostro settore è sicuramente il futuro, sempre piu spesso entro in contatto con agenzie che tendono ad esternalizzare lavoro, tenendo al loro interno solo una piccola parte del personale.
Da un lato è un bene perchè c’è più lavoro per i freelance dall’altro sempre meno figure posso entrare in agenzie strutturate e fare esperienze con “grandi clienti”.
Io consiglierei sempre qualche anno in agenzia per fare esperienza, è molto formativo.
Per quanto riguarda i canali esteri non li ho mai testati in prima persona quindi non so giudicare, mentre per il proliferare di siti di “aste” sono molto contrario visto che spesso il tutto si basa sul prezzo o peggio ancora su lavoro gratuito sul quale il cliente sceglie.
Lo trovo molto svilente(visti i prezzi offerti) e soprattuto poco professionale, dietro non c’è il dovuto studio e la maggior parte dei casi ci sono lavori poco professionali, almeno secondo me.
Sono un buon punto di partenza per chi è agli inizi poi diventa negativo e svilisce la professionalità che uno cerca di portare avanti negli anni con sacrifici e continua formazione.
Ale
Ciao Alessandro,
per la questione della aste puoi avere ragione il rischio c’è. Nel caso specifico di Twago però non è proprio un’asta. Nel senso che chi fà un’offerta può vedere le altre e la decisione non si basa solo sul prezzo, ma anche sul profilo del fornitore.
Nella realtà in cui lavoro io, tutto è possibile. Forse la frase non esistono aziende come Google è sbagliata. La pensavo anche io cosi fino a poco tempo fa.
Voglio precisare però che io sono un programmatore Java. Il front-end è sviluppato da altri colleghi, ma i benefeciti di cui godiamo sono identici.
Ve ne elenco alcuni:
Postazione di lavoro: scrivania enorme con monitor da 22 pollici full hd di buona qualità. Sedie super ergonomiche. Il mio pc è un 13 ” con processore i5 e 6 gb di ram. Ovviaente comprato nuovo appena assunto.
Dinamicità: si può lavorare da casa con skype(ovviamente non sempre ). Spesso se si ha bisogno di un paio d’ore di permesso non le scalano neanche.
Contratto e stipendio: contratto indeterminato e livello alto per me che sono uno dei più scarsi. Stipendio alto e intendo il doppio di un operaio(senza nulla togliere a loro).
Massima disponibilità su ogni argomento. Ogni anno è previsto un aumento e spesso danno premi aziendali.
Ci sono feste in cui prenotano solo per l’azienda una discoteta e paga tutto l’azienda stessa.
Parlo di Milano e la mia età e di 26 anni lavoro da 5 anni nella programmazione.
Ci sono altre cose che da la mia azienda come la puntualità nel pagare lo stipendio.
Abbiamo orari flessibilissimi…
… ecc…
Unico requisito… aver tanta umiltà e voglia di imparare. Certo c’è anche tanta gente che arriva da apple, ebay o altre grosse aziende. Io arrivo da un’azienda sfigata di consulenza che mi pagava la metà.
Dico questo perchè su yourinspirationweb.com si è parlato tante volte di questa cosa, e dei freelance che in italia sono trattati davvero in modo disumano. Qui tanti freelance sono diventati volentieri dipendenti.
Ah dimenticavo il settore è mobile, videoludico, information technology e tanti altri settori che non conosco e l’azienda è una multinazionale.
Ora la mia domanda è: Dovete perforza lavorare in autonomia ? Avete in mente di aprire una azienda ? Perchè volete farlo ? La metà di voi lo farebbe per soldi e per lavorare di meno e l’altra metà per l’ambizione.
Consiglio a chi lo fa per soldi di lasciar perdere e di andare a fare il dipendente oppure di andare all’estero.
Leggendo un pò di commenti ho visto che Rocco si è sbattuto un casino e parla che in qualche caso e cito: “ma riesco spesso e volentieri a sbarcare il lunario e far uscire uno stipendio.”. Ma io mi domando perchè non aver uno stipendio bello sostanzioso ogni mese. Parliamo su una media di 1700 puliti per uno junior che fa il web designer.
E’ questo che non riesco a capire. CI si ostina a mettersi in proprio, ma per cosa ?
Io su questo portale ho visto un sacco di gente davvero brava e gli stessi amministratori e invetori secondo me sono molto forti. Io a volte ho chiesto consiglio e mi hanno aiutato su cose di “front – end”
Questa non vuole essere una provocazione, ma solo uno stimolo. Ci sono un sacco di ragazzi che fanno cose spettacolari e si ostinano ad andare avanti soli. Consiglio di entrare in un’azienda evitando le agenzie e farsi le ossa… tanto fino a 30 anni non ci si fila nessuno da freelance.
Alessandro scusa se potrò sembrare arrogante. Davvero spero di non aver offeso nessuno, ma secondo me molti di voi dovrebbero cercare proprio la grande azienda ma quella giusta. Ad esempio quanti di voi hanno mandato il cv alla volkswagen ? Alla Ducati ? Mulino Bianco ? queste sono le prime che mi vengono in mente.
Io ho amici che fanno il vostro lavoro in queste società e si divertono un casino. Compreso il ragazzo che ha fatto il sito dell’alfaromeo. E che ancora rifarà perchè l’alfa non riesce a trovare web designer. Motivo ? su 10 che si spacciano web designer 2 sono reali e 8 smanettoni. Come per il mio lavoro.
L’unica cosa su cui mi trovo concorde è solo che si fa fatica, ma non è impossibile.
Voi cosa ne dite ?
Marco allora in primis mi devi dire dove lavori perché così vengo anch’io.
Sono disoccupata, sono una programmatrice completa ma non trovo lavoro in quanto non ho nessuna qualità di design, cosa che se trovassi un lavoro, potrei anche sviluppare, perché qualche corso vorrei seguirlo. Inoltre il problema è che non ho esperienza, cosa che chiedono. Aiuto! Ecco perché poi uno fa il freelance, almeno magari, ti fai la mano e acquisti l’esperienza… Mi sa tanto che ormai bisogna fare il contrario di quello che si faceva una volta…
Aggiungo che purtroppo devo lavorare perchè devo mangiare, altrimenti ovvio che seguirei tutti i corsi per bene, sarei super qualificata, una fantastica web developer/designer :D, ma la vita purtroppo mi ha portato a dover lavorare per forza e lasciare a metà i miei studi. Sigh, scusate lo sfogo..
Argh scritto così sembro una pappamolla che non vuole darsi da fare… non è così.. promesso che non rompo più..
Federica qui a Lecce noi di Sciroccomedia srl assumiamo programmatori che non cerchino di fare i creativi che non serve. Fammi sapere sono su fb o per email
Tutto quello, fammi sapere anche a me in che azienda lavori, mando il cv.
Il mio punto di vista è un pò diverso e forse non hai calcolato un elemento fondamentale: lavorare in un’azienda grande/fica quasi sempre significa abbandonare la propria terra ed è per questo che il tele-lavoro sarebbe la soluzione.
Attualmente il 90% delle aziende ha aperto sedi sul territorio (quindi non Roma e Milano) solo come sedi operative, call center e cmq attività non strategiche. Ad esempio perchè le aziende si concentrano sempre e solo intorno alle grandi città?
Delocalizzando anche attività strategiche si potrebbe creare indotto in regioni e città che attualmente non vengono toccate da questi interessi.
Ciao Marco parlo per la mia esperienza, io sono un grafico web designer freelance da un paio di anni ho 34 anni e lavoro da 10 nel settore.
La scelta di fare il freelance è stata una conseguenza/evoluzione del lavoro di dipendente, fare il creativo in un agenzia dopo un po è limitativo almeno per la mi esperienza e ho voluto provare a lavorare da solo, e ne sono contento, anche se è difficile e a volte il lavoro in team vero e proprio mi manca.
Il problema non è che uno voglia o meno fare il freelance molti devo farlo per mancanza di alternativa, e non credo per mancanza di umiltà.
In molti farebbero le corse per lavorare dove lavori tu immagino, con tutti i benefit indicati ma quante aziende ci sono similari?
E’ tutti si divertono un casino? E guadagnano bene?
Lo auguro a tutti, io leggo sempre piu spesso richieste di freelance e al max stagisti da formare internamente.
Quindi uno non vuole essere disfattista o catastrofico la realtà media italiana non è certo la realtà milanese, che comunque negli ultimi anni sta faticando non poco, credo solo che confronti e spunti siano importanti per affrontare al meglio il mondo del lavoro.
Poi se ci fossero piu aziende come quella dove lavori tu, saremmo tutti piu felici e sereni.
Ale
Immaginavo che per Alessandro fosse un evoluzione, però secondo me ci si può evolvere anche in un’azienda.
E’ difficile e non metto in dubbio l’umiltà. Sono consapevole che è dura. Ma è dura proprio perchè persone che non hanno esperienza iniziano come freelance. SBAGLIATISSIMO. Si segano le gambe a chi ha titolo ed esperienza.
Federica ti prendo come esempio e non prenderla a male.
Mettiamo il caso che tu abbia iniziato a lavorare da 3 mesi e hai imparato a fare una mailing list. E Alessandro lo sa fare a occhi chiusi, dato che lavora da anni.
Detto questo, e ripeto stò solo ipotizzando, nessuno me ne voglia, mettiamo che Federica viva in casa con i suoi e Ale no ! Bene avete dei costi differenti per vivere, giusto ? Quindi Federica accetta il lavoro per 50 euro e Ale non può accettare se almeno non ne prende pulite 150 euro.
Quindi l’azienda sapendo che la mailing list è abbastanza semplice a chi darà il lavoro ? A Federica, che per quanto brava possa essere non avrà mai l’esperienza di Alessandro e di conseguenza il risultato del lavoro è diverso.
Qui però succede una cosa importarte … si distrugge il mercato. E quando Federica si troverà al posto di Ale subirà la stessa cosa da un’altro neofita. Poi entrano in gioco anche tanti fattori! Ovvio il mio esempio è banale e l’articolo di Alessandro merita un pò più di attenzione.
Ci tengo però a consigliare a Federica di provare a cercare un lavoro in un’azienda “Figa”, per me è stata IBM dove per 6 mesi ho lavorato gratis, con il solo rimborso spese. Se non puoi subito mettiti via dei soldini per accettare un contratto pacco. Ma guadagni in esperienza e CV. Detto questo L’univesità si può fare lavorando. Io ho iniziato informatica alla statale a 24 anni e tra un anno la finisco. Ovviamente i primi 3 anni e sono in ritardo solo con 2 esami. Non sono un genio anzi sono uno dei più scarsi sia in ufficio, sia all’uni.
L’università ad oggi è importante, anche se gestita di MXXXA, perchè ti fa conoscere realtà potenti dove spesso si fanno stage. Altra cosa importante, scegliete i posti in base all’esperienza che farete e non in base ai soldi. Questo ovviamente per chi è alle prime armi.
Non serve essere super qualificati per iniziare , ma conta tanto essere SMART.
Avviare un’attività è davvero un passo importante, ma va fatto con la testa. Poi secondo me conviene aprire un srl invece di fare i freelance. Hai più costi ma entri nelle società con un biglietto da visita diverso e più imponente e la cosa più importante va fatto dopo una certa esperienza e non a 20 anni.
Questo è il mio parere. So per certo che la tariffa di una persona che si occupa di front end per essere considerata buona deve essere almeno 300 euro al giorno lordi, ma siamo al limite della decenza. Se vi offrissermo meno non dovreste accettare.
Questo è quello che offre il mondo ora e non solo l’Italia. Tutto questo lo penso e lo dico perchè l’ho vissuto.
Intanto se Sara o Nando mi autorizzano lascio il mio indirizzo email a federica e se mi mandi il cv chiedo se serve una persona front-end. So che a gennaio 2011 devono assumere ancora.
E produttivi, aggiungerei…
Tra l’altro il tuo profilo professionale, assomiglia parecchio al mio.
Sarò mica schizofrenico?
Bell’articolo! :)
Personalmente avendo aperto la mia ditta in periodo di crisi e pieno di impegni e studi devo ancora riuscire a trovare un equilibrio. Sicuramente l’euforia iniziale è stata un pò schiacciata dalla realtà Italiana.
@Carlo Bello
Forse non ho ben capito a cosa ti riferisci. A mio avviso l’articolo trova molto riscontro. Io lavoro con le piccole e medie imprese. Mi capita di lavorare con aziende che hanno dipendenti, responsabili e dirigenti in grado di utilizzare sistemi informativi in modo professionale, ma si tratta di casi isolati (almeno per quanto riguarda la mia esperienza. La maggior parte delle ditte con cui lavoro non ha conoscenze web di alcun tipo, e in molti casi faticano a usare il computer. Gli ultimi esempi che posso riportare sono:
– mancata conferma della lettura delle mail (che sembrerà banale, ma per me è fondamentale
– invio di link di esempio tramite i preferiti importati in mail (ho dovuto aprire i link uno a uno in un formato che non ho mai visto e copia-incollarlo nel browser)
– completo rifiuto a utilizzare tools online per la modifica e correzzione di mockup (hanno preteso che andassi a ritirare i pdf da loro. Hanno stampato un libro e mi hanno obbligato a ritarlo in sede!)
Ora, a fronte di questi esempi (sono consapevole che non si può comunque generalizzare), come si può sperare che le aziende italiane investano in telelavoro? Come hanno detto altri manca proprio la cultura al cambiamento e all’innovazione (per fortuna non per tutti). Personalmente in questi contesti vedo l’Italia come il paese dei dinosauri. Anche in questi casi si nota come l’apparenza conti più dell’essere (ti vedo a lavoro e quindi vuol dire che produci, quando magari in realtà cazzeggi per molto tempo). Mi è capitato di confrontarmi con varie realtà che si occupano di clima aziendale (ed ho effettuato studi a riguardo) e i risultati che vanno per la maggiore è che basta poco per accontentare i dipendenti e migliorare la produttività, ma in italia queste informazioni vengono per lo più ignorate (sfido quante aziende sappiano realmente cosa sia il clima aziendale e ancora di più sfido quante di loro siano interessate realmente all’argomento).
@rocco passaro
grazie delle informazioni. Le terrò presente per l’anno nuovo :)
@Emanuele “ToX” Toscano
probabimente possono esserci differenze basate dal tuo regime fiscale, ma io quando lavoro con ditte all’estero richiedo semplicemente tutto il compenso. Sarò poi io a pagare direttamente all’erario quanto dovuto.
@yesWEBcan
in culo al riccio!!! (è un augurio poco conosciuto al quale si risponde con “meglio di un riccio in culo!) :D
@Gabriele mi riferisco a:
“Un bravo professionista non riesce a trovare facilmente la propria strada perchè il management guarda nel breve periodo solo ai risultati e all’abbattimento dei costi, aumentando così gli utili per se e per gli azionisti. Lo sviluppo, la ricerca e la “retention” verso i talenti emergenti non è un obiettivo delle aziende italiane in cui le funzioni di Risorse Umane non dettano più le strategie in questo ambito.”
Il punto di vista è esclusivamente quello del giovane che cerca lavoro. Manca la campana del Manager che vorrebbe un giovane responsabile, intraprendente, vivace, formato (anche senza esperienza ma formato) e non lo trova a causa delle carenze universitarie, di lacune sociali, di mancanza di maturità, di una generazione di giovani viziati che se le cose non cadono loro in testa non si muovono. La maggior parte dei giovani usa i template di office per costruire il curriculum e non sa cosa metterci, quando ad un manager basterebbe anche solo conoscere hobby, esperienze personali e tecniche maturate anche per gioco. Siamo di fronte ad un’Italia giovane di mentecatti, di zombie a passeggio per le piazze.
La responsabilità di tutto ciò è dei loro genitori fino a quando hanno 20 anni ma dopo uno si deve svegliare.
Mi riferisco a:
“Oltre a questo approccio sbagliato, le aziende continuano a valutare i propri dipendenti in base alla presenza giornaliera e alle quantità di ore lavorate, mentre la qualità del lavoro, il rispetto dei tempi e la curiosità nello sperimentare non sono valori così importanti”
Non è vero. Lo dimostrano gli investimenti nei software di ERP. Probabilmente si confonde la necessità di fare introiti per pagare gli stipendi con il voler per forza frenare la voglia di innovazione dei giovani tecnici per paura di investire.
Io in azienda quando ho davanti uno smanettone folle, uno spericolato dell’innovazione senza metodo nè voglia di costruirsi una vita e un ragazzo meno capace ma più metodico preferisco il secondo. E ciò perchè il secondo lo posso misurare e il poter misurare mi dà la prospettiva di dove andrò a parare e una garanzia di poter pagare gli stipendi per tot tempo. Lo smanettone lo lascio ai colossi che si possono permettere 10.000 metodici e 10 geniacci sregolati che spremono qualche anno e poi lasciano a fare i barboni per strada per il resto della loro vita.
Mi riferisco a:
“Soprattutto nell’ambito web il discorso tele-lavoro potrebbe essere applicato con successo, cambiando le logiche contrattuali a vantaggio del conseguimento del risultato e dell’obiettivo. Con il tele-lavoro si potrebbe dare al dipendente un notevole benefit in termini di tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro, la possibilità di non dipendere da un orario rigido, ma anche risparmio economico.”
Il telelavoro è possibile in pochissimi casi e soprattuto in chi fa assistenza ai clienti o attività commerciale o comunque attività auto consistenti in una figura sola. Lo sviluppo di software anche web è spesso complesso e necessita di un’interazione tra il creativo, il content manager, l’analista funzionale, il system integrator, il sistemista. Chi pensa che un software web based possa essere sviluppato via telelavoro è un poveretto che vende siti a 500 euro tramite piattaforme opensource. Praticamente scopiazzanzo idee di altri per scarza competenza.
Mi riferisco a:
“Se in un’azienda italiana c’è bisogno di un front-end developer (che conosca xhtml, css e javascript) si cercherà magari un programmatore oppure un grafico stampa!
Negli annunci dei clienti finali la situazione è ancora peggiore e diventa quasi ridicola. Credo di non aver mai incontrato un cliente che sapesse davvero cosa gli servisse.”
Meno male dico io se no i fornitori non servirebbero!
La figura Front-end developer è del tutto inventata, consiglio all’autore di creare una pagina su wikipedia così leggiamo le stupidaggini che ha da scrivere.
Le competenze di css e xhtml non centrano nulla con il javascript che è un linguaggio di programmazione. Nella sostanza sia il programmatore che il grafico devono conoscere i primi per poter comunicare fra di loro interagendo nella creazione di un sito web mentre l’ultimo, il javascript è un vero è proprio linguaggio di programmazione dunque competenza di chi? del pro-gra-mma-to-re. Molti dissentiranno rispetto a quanto scrivo perchè fanno i webmaster, termine che mi fa rabbrividire perchè sinonimo di tuttologo informatico e vendono come ho detto prima siti a 500 euro o dopo qualche esperienza trovano impiego alla coop. Il contrario di ciò che serve e motivo della situazione lamentata dall’autore.
Noterete una certa durezza nel rispondere non dovuta agli autori dei post, ma al notare che in Italia siamo alle solite: chiunque può scrivere qualunque cazzata e soprattuto sul web trasformando un canale d’informazione in un accozzaglia di imprecisioni.
Una cosa l’ha detta l’autore dell’articolo: “manca cultura!”
Aggiungerei soprattutto in chi scrive.
“Personalmente in questi contesti vedo l’Italia come il paese dei dinosauri. Anche in questi casi si nota come l’apparenza conti più dell’essere (ti vedo a lavoro e quindi vuol dire che produci, quando magari in realtà cazzeggi per molto tempo)”
Esattamente il concetto che volevo esprimere io! Condivido in pieno!
La cosa brutta del freelance è solo che oltre a mancare la cultura dell’ambito web in Italia si sono messi fare i siti anche la gente che non ha un minimo di basi informatiche. Visto che l’avevano chiamata new economy fino in farmacia con tre scatole di supposte ti davano il sito (battuta retorica). Il problema che chi fa il lavoro in Italia per professione la sua professione non viene tutelata mai.
Ciao Alessandro, felice di leggere la tua risposta. Purtroppo mi riferivo a quando avevo 30 anni vale a dire 13 anni fa, però mi fa piacere aver centrato lo stereotipo. Si il tuo articolo è perfettamente stereotipato, tipico di un dipendente di 30 anni. Sia ben chiaro non voglio offendere peraltro ho ammesso di aver commesso lo stesso errore ai miei tempi.
Cerco di fare ciò che credo dovrebbero fare tutti i più “anziani” cioè consigliare i giovani e esortarli a migliorare sottolineando i loro errori.
So che non è una pratica che rende popolari, potrei fare l’ipocrita ed applaudire pubblicamente, ma non sono un tipo del genere. E la stessa schettezza la uso nei confronti dei miei collaboratori anche nel giudicare, nel valutare, nel quantificare. Non mi baso solo su orari e timbrature che peraltro in azienda da noi non usiamo.
Per la questione profili stranieri ti assicuro che ti sbagli. Tutto il mondo è paese. Leggili bene col piglio di chi vuole andarsene all’estero e vedrai che ci sono quelli semplici e quelli che chiedono il mondo. Cerca su twitter per esempio “front-end developer” che è un modo per dire che cercano un programmatore alle prime armi. Vedrai che alcuni chiedono ciò che hai scritto xhtml, css, javascript e jquery. Se chiedo ai miei grafici di utilizzare jquery hanno una crisi di panico! :-) Altri invece chiedono php, ajax ed altri linguaggi.
Alla fine il mondo del web, a basso livello, si divide in due figure professionali: programmatori e grafici. Va da se che il webmaster, per me, escluso dall’accezione “professionale”.
I talenti poi non si trovano da una parte o dall’altra ma dentro ogni individuo. Se poi è in un’azienda piccola o grande è casuale. semmai il problema è avere le palle per tirar fuori il talento e su questo i giovani d’oggi sono proprio carenti.
Per quanto riguarda le mie critiche generiche vedo che stai leggendo e rispondendo secondo un preciso ordine, dunque fra qualche altro post capirai.
A presto
Restiamo in contatto
Ciao Carlo,
mi spiace per le parole del tuo precedente commento.
Io parlo per la mia esperienza diretta in una grandissima azienda e contemporaneamente come freelance.
Ci sono moltissimi fattori che non mi hanno fatto lasciare quest’azienda, tra cui la cultura ottusa che ci impone la nostra terra, ossia il posto fisso.
Non mi ritengo un genio, però credo di fare bene il mio mestiere e in aziende come la mia non si avanza per meriti ma solo per cordate politiche. Mi rendo conto che ci vuole un controllo sugli accessi, quindi la timbratura è un must, però in 12 anni da dipendente ho visto gente timbrare e andare al bar per 8 ore. La sua busta paga era uguale alla mia e magari io mi sbattevo per creare un minimo di innovazione. Tu lo sai che nella mia azienda si fanno i test per IE6 solo perchè i capi usano IE6?
Quindi quello che dici tu può essere giusto, stereotipato, ma è così. Quello che magari hai subito anche tu a 30 anni non lo hai replicato nella tua azienda (che io conosco e stimo), però io a Roma ho amici in Eni, Enel, Poste, Acea, Ibm, SUN,ecc e la storie è la stessa: molta apparenza e poca sostanza.
Per me la vita ora sta cambiando e sto ritornando in puglia e spero di poter trovare un cerchio di collaborazioni per creare anche io un nuovo modo di intendere l’azienda.
A presto
Ciao Carlo,
ti faccio una domanda un pò arrogante ma secca. Ovviamente liberissimo di non rispondere.
Se un tuo dipendente ti facesse guadagnare 1000 euro al giorno, quanto gli daresti ? Ovviamente se assunto a tempo indeterminato con il giusto livello e contratto.
Se mi rispondi ti spiego il perchè di questa domanda.
Ci tengo a dirti che ho tutto il rispetto perchè sei una persona più grande e con un bagaglio di esperienza immensamente più grande del mio e voglio confrontarmi.
@Carlo Bello
condivido in parte ciò che dici e in parte no. I toni sicuramente sono fuori luogo. Sicuramente occorre sempre sentire entrambe le campane per potere allargare le proprie vedute su temi come questo.
Certo, le aziende vorrebbero dipendenti preparati, volenterosi, non viziati, con buona capacità di adattarsi e metodici. Ma d’altro canto anche i dipendenti hanno le loro richieste nei confronti dei titolari o dei manager. Ragionando così però credo si finirebbe ben presto a fare politica e non a disquisire del contesto in oggetto.
Io porto ancora una volta un esempio personale. Anni fa lavoravo come operatore internet marketing in una ditta a conduzione familiare. Il mio collega (bistrattato perché terrone) veniva redarguito per ogni minima cosa, mentre a me lasciavano passare un pò tutto perché ero più metodico (ma mezzo-terrone). “Stavo sul pezzo” insomma. Il mio collega aveva però grande fiuto per grandi colpi. Magari combinava poco per la maggior parte del tempo ma ogni tanto riusciva a portare a termine colpi eccezzionali (tra i quali la fornitura di un servizio sms online per una grande azienda).
A mio avviso i responsabili avrebbero dovuto sapere come valorizzare il suo talento. Inutile dire che non solo non è stato così, ma ogni scusa era buona per dargli contro, a volte addirittura con astio e invidia per le sue capacità (sono dovuto intervenire io per fare capire loro che le capacità del mio collega era qualcosa sul quale investire!).
Ho la fortuna (almeno credo) di avere fatto esperienza in tanti luoghi di lavoro e in tante aziende, con responsabilità e lavori molto diversificati. Ho visto veramente tante realtà e ho potuto vedere come ragionato le aziende e come ragionano i dipendenti. Sono molto simili. Ognuno pensa a se stesso.
L’articolo in questione però, poneva a mio avviso in evidenza non tanto le soggettività di aziende e lavoratori, ma un concetto culturale che manca soprattutto nelle aziende e soprattutto in ambito informatico e web. Va ricordato infine che un’azienda capace ha sempre la possibilità di assumere persone capaci potendo scegliere tra tante figure, mentre una persona capace non può fare altrettanto.
Non si tratta di scegliere se assumere o no uno smanettone (evidenziando un pensiero demandante), ma se investire in determinate tecnologie e filosofie di pensiero. Poi sono d’accordo che in Italia i giovani hanno una mentalità tutta particolare, ma non si può generalizzare per costoro come non è stato generalizzato per le aziende.
Mi fa piacere aver animato questa discussione anche in modo acceso, ma schetto. Cerco di procedere con ordine e rispondere a tutti.
@Alessandro
Ciò che descrivi tu è effettivamente tutto Italiano. Le grandi aziende sono burocratizzate e le carriere sono politiche. Da sempre. Tuttavia ci sono due modi per reagire a questa cosa: uno più tranquillo accettando passivamente la realtà, uno più aggressivo con il metodo del fatto compiuto, rischioso, temerario, antipatico, difficile. Io ho sempre adottato l’ultimo, prendendo inizialmente una miseria, investendo su me stesso, facendomi grandi nemici ma ottenendo grandi vittorie in posti di prestigio e battendo cassa come si suol dire con chiunque. E questo in tutte le aziende dove ho lavorato da quelle con 2000 a quelle con 5 dipendenti. Peraltro non essendomi mai laureato, lontano da casa e senza una famiglia alle spalle pronta a sorreggermi nella caduta.
Intendo questo quando dico che i giovani dovrebbero tirar fuori le palle, soprattutto oggi che l’età dello “svezzamento professionale” si è innalzata e si rimane a casa con i genitori spesso fino a 30 anni e anche più.
Ovviamente nel pratico va analizzato caso per caso.
@marco
Mi chiedi una cosa fuori da ogni logica aziendale. Proviamo a fare una simulazione. Immagino che tu intendi un tecnico, non so un programmatore o un grafico (spero non un webmaster :-) , non lo accetto nell’azienda che dirigo) che col suo lavoro sforna progetti da 30.000 euro al mese.
La domanda è: chi ha venduto quei progetti? se non fossero stati venduti cosa avrebbe fatto quel dipendente? quanto avrebbe preso?
Rispondo io. lo stipendio del dipendente e l’eventuale premio produttivo NON DEVE essere mai legato al fatturato. Perchè lui sul fatturato non può incidere, può solo far bene il suo mestiere. Dunque potrebbe aver prodotto il lavoro di 10 persone ma con fatturato pari a zero. Il dipendente deve fare bene il suo mestiere secondo quanto previsto nell’organizzazione. E’ il management che deve preoccuparsi di vendere bene il suo tempo. Se ci riesce bene se non ci riesce male. Il premio produttivo per quel dipendente è in funzione degli obiettivi che gli si pone a inizio anno che possono essere basati su aumento di competenze, su abbattimento dei tempi produttivi, su invenzione di soluzioni tecnologiche ma MAI e dico mai sul fatturato perchè non vende lui. Non può agire sulla capacità di un commerciale che magari svende o regala un progetto perchè strategico su di un cliente. Dunque il management di un’organizzazione deve essere capace di misurare la produttività dei dipendenti e su questo premiarli. La compagine sociale deve tenere finchè possibile e pagare gli stipendi anche quando le cose vanno male per mesi o anni non per questo però se vanno bene deve aumentarli indiscriminatamente.
IL mestiere dell’imprenditore è il rischio infatti realizza “IMPRESE” e lo dice il termine stesso. Il mestiere del dipendente è fare bene il proprio lavoro senza sfruttamenti ed essere pagato il giusto. Tutte le altre logiche possono solo essere fatte in base ad obiettivi consoni alla figura interessata. Il commerciale per intenderci prende una provvigione sugli importi.
@Gabriele
Cito: “Va ricordato infine che un’azienda capace ha sempre la possibilità di assumere persone capaci potendo scegliere tra tante figure, mentre una persona capace non può fare altrettanto.”
Mi sa che sei fuori strada con un concetto idealista e poco pratico. Se sei capace l’azienda che ti paga la trovi. Ovviamente devi essere disposto a spostarti e devi saper farti valere. Ovunque ci sono buoni e cattivi imprenditori come ci sono buoni e cattivi dipendenti. Non è il caso personale che fa legge.
Piuttosto ciò che citi tu è proprio ciò che cerco di evitare io. L’azienda la dirigo io e l’estro del dipendente non deve inficiare i miei obiettivi. Lui deve fare ciò che dico perchè questo gli assicura lo stipendio e non diversamente.
Ti faccio un esempio proprio nel internet marketing. Tempo fa è stata messa su un’azienda che faceva Internet Marketing assumendo due “geni” del settore, hanno chiesto il mio parere, ho fatto i necessari colloqui ed ho risposto che era un buco nell’acqua.
Tieni presente che erano persone che avevano ottenuto interessanti risultati su vari siti primi nei motori di ricerca.
Ho fatto loro una semplice domanda. Un caso pratico, ho un cliente che produce olio di ottima qualità, ha un sito, gli vendo un progetto diciamo di 10.000 euro l’anno per attività di webmarketing, cosa ottengo come risultato.
E loro mi rispondono: “che significa”. E io incalzo: “a che posto del motore di ricerca arrivo, oppure quante vendite effettuo, oppure che fatturato ottengo da Internet, oppure quante proposte B2B ricevo”. E loro: “non si può mica sapere” va prima fatto il lavoro e poi si vede dove ci si posiziona”.
Allora ho concluso dicendo: “bene signori state per vendere fumo, truffe, bruciare il mercato, chiedete ai clienti un corrispettivo in denaro per fare un qualcosa di cui non avete minimamente idea del risultato ottenibile, in cui non avete metodo, professionalità, visione e l’azienda che state per creare è un buco nell’acqua”.
L’azienda è stata creata ugualmente, i due geni assunti, i progetti venduti.
Indovina indovinello, dopo 2 anni com’è finita quell’azienda e dove sono i due geni.
Per concludere, i buoni e i cattivi esistono da ambo le parti. Manca però la cultura del rispetto delle competenze e dei ruoli in gioco.
Manca la cultura del valorizzare ciò che si sa fare facendone professione, assicurandone la replicabilità.
Il problema principale dell’azienda non è cosa sto facendo oggi ma cosa fatturerò il prossimo anno. Mentre voi vi apprestate a digitare sulla tastiera c’è qualcuno che sta lavorando per assicurarsi il VOSTRO stipendio per i prossimi 12 mesi almeno. Abbiate un pò di ritegno. Poimagari non è bravo a farlo e su quello si può discutere caso per caso. Ma siamo uomini e l’errore è sempre dietro l’angolo.
Concludo giustificando i toni effettivamente duri di quanto scrivo. Fate caso a ciò che scrivete e se avete dubbi non scrivete. La cultura oggi si fa su Internet, si studia su quella che si chiama “letteratura grigia”, un articolo sbagliato, un post in un forum (che personalmente bandirei) animano dicerie, falsi miti, perdite di tempo incommensurabili. Ho vietato tassativamente in azienda la lettura dei forum, obbligando i tecnici a cercare soluzioni sui libri, manuali elettronici, con la riflessione, su articoli sul web di professionisti riconosciuti.
So che molti di voi avranno da ridire portando esperienze personali positive, ma so anche che tutti quelli che lo faranno non hanno la minima idea del COSTO di quell’esperienza.
Ciao Carlo,
quello che dici tu è giusto soprattutto quando parli di chi si sforza di pagare gli stipendi per i prossimi 12 mesi.
Però qui si stà incentrando la discussione su una tua esperienza personale e su una tipologia di società che non è stata menzionata nell’articolo.
La mia personale esperienza è di azienda con 80K dipendenti dove tutto quello che tu dici è superato da questioni politiche, intrecci con i sindacati e gestione dei dipendenti davvero complessa.
Credo sia più utile parlare per astrazione senza fare riferimenti soggettivi, così possiamo parlare senza problemi degli aspetti che indico nel post. Non credi?
@Carlo Beh, ovviamente non essendo matematico, anche il tuo discorso, come il mio o quello degli altri risulta assolutamente soggettivo.
Se la tua azienda va a gonfie vele, son contento e peraltro condivido molte cose che dici, quali quelle sulla cura del metodo e dell’organizzazione.
Posso convenire anche sul fatto che esistono imprenditori e dipendenti capaci e meno.
Ma la realtà che mi capita di vedere da sempre è che pochissimi siano davvero preparati e pochissimi di questi se ne rendano davvero conto. Questo sia da una parte che dall’altra.
L’unico problema è che di solito, chi fa la scommessa poi non paga pegno, come in realtà dovrebbe succedere, soprattutto con questo squilibrio di forze.
Ovvero, se l’imprenditore scommette e sbaglia, pagano i dipendenti prima di tutto, se invece va bene, sarà l’unico a goderne, per i secondi al massimo si parlerà di sopravvivere fino alla prossima scommessa. Anche perchè non sono così sicuro che in italia, il mercato così come lo si decanta, esista realmente.
le aste non mi ispirano molto…di contro però c’è da dire che purtroppo manca molta cultura in italia…si è ancora fermi alle 8 ore 8 di lavoro… senza mai staccarsi dal monitor… produrre produrre produrre… contratti a 3-6 mesi allo stesso prezzo di uno che lavora li a tempo determinato…pochi guadagni per chi ha un bel 20% di stipendio che finisce in benzina/auto… e poi la famosa figura di web designer tutto fare alla modica cifra di 1100 euri!!! php, mysql, asp dotnet, photoshop, illustrator, flash etc etc…rendo l’idea?
E si la cultura è il primo driver da indirizzare meglio!
@Carlo Bello
cito: “L’azienda la dirigo io e l’estro del dipendente non deve inficiare i miei obiettivi. Lui deve fare ciò che dico perchè questo gli assicura lo stipendio e non diversamente.”
Credo sia proprio quanto dici che dimostra ciò che molti sostengono nei vari commenti a questo articolo. La mentalità del “possedere” l’azienda e il laovoro dei dipendenti è sintomo (a mio personalissimo avviso) di una mentalità datata. Inoltre ignori completamente che è anche il lavoro del dipendente che assicura il tuo stipendio, chiunque esso sia. Gli imprenditori possono fare impresa, ma senza la forza lavoro di 100, 200, 500 persone che sostengono “attivamente” quella impresa vanno poco in la.
La nuova economia e i nuovi rapporti di lavoro, prospettata da luminari ed esperti del campo (giusto per seguire quanto dici circa la cultura) vede la migliore soluzione quella in cui non ci saranno imprenditori che fanno “l’impresa” e dipendenti che fanno semplicemente il loro mestiere, ma entrambi lavoreranno all’unisono per gli stessi obiettivi. In Italia sono stati avviati vari progetti di questo tipo e i risultati sono eccellenti. I manager occupano il loro ruolo ma “lavorano” anche direttamente a contatto con i dipendenti svolgendo a volte il loro stesso lavoro. I dipendenti sono in realtà soci che si fanno carico delle responsabilità come fossero manager. Questi contesti hanno creato un clima aziendale dove non sono le gerarchie a farla da padrone, ma le responsabilità e il lavoro di tutti. In questo modo evolve l’azienda, ma soprattutto evolve la “cultura” delle persone a livello generale.
Concordo con te su quasi tutto ciò che dici, ma personalmente ho la parvenza che ti sfugga il concetto del messaggio di base di cui parla l’articolo. Porti esempi fuori luogo e fai una sorta di politica nel volere ostentare come i dipendenti siano per lo più dei nullafacenti e pare quasi che le buone idee e come le cose vanno fatte lo sai solo tu (i toni duri trovano poche giustificazioni quando non si è disposti a condividere l’altrui pensiero). Il web (blog, forum e altro), può essere cultura proprio perché le persone discutono le proprie idee arrivando a soluzioni migliori. Nei libri (che offrono in ambito tecnico sicruamente un livello più alto) questo non avviene.
Esempio per assurdo: due studenti universitari vanno da yahoo a dirgli che hanno inventato un nuovo algoritmo per un motore di ricerca migliore. Qualche manager di yahoo deve aver creduto sarebbe stato un buco nell’acqua. Un buco di nome Google….
A mio avviso occorre una svolta. Non si può pensare solo al fatturato perché un’azienda è fatta soprattutto di persone che non vivono per i soldi e per il fatturato ed è indispensabile che queste persone vivano il lavoro in un clima aziendale ottimale. Sta poi ai responsabili fare si che questo avvenga, dipendentemente dalla voglia che hanno e dalle loro idee a riguardo. Ma forse io e te abbiamo solo idee diverse (e non ideologie. Io sono apolitico. Ciò che è giusto è giusto e ciò che è errato è errato, indipendentemente dallo schieramento politico).
@Gabriele
Non replico a tutto per rimanere al post iniziale e non divagare come richiesto da Alessandro
Tuttavia, è pieno di leggende come quella che yahoo è nato in garage. Ho detto più volte nei miei post che i manager sono uomini e possono sbagliare. Critico solo il concetto di base del post che vede le aziende italiane (il tuo esempio di google dimostra quanto sto dicendo) indietro rispetto a quelle straniere. L’errore sta dietro l’angolo per tutti italiani e stranieri. Tuttavia la promiscuità di ruoli tra dipendenti, manager e imprenditori può solo creare belle realtà temporanee. L’impresa si fa con i soldi e le capacità manageriali, col cinismo e la freddezza non con il volontariato.
Che poi la condivisione di informazioni e di intenti giovi all’impresa puoi star certo che lo so e lo applico. Noi qui abbiamo un gestionale della contabilità e delle commesse che è su Internet e tutti i dipendenti accedono a qualunque dato su fatturazioni, importi di commessa, contratti e quant’altro anche da casa.
Eleonora eccoti il link dei Simpson Stagione 21 sono in HD Streaming MEGAVIDEO ( http://imc2000.altervista.org/i-simpson-streaming-video-puntate-episodi-megavideo-youtube-stagione-21.html )
Ciao.
Leggo con piacere sempre i vostri commenti e il vostro portale e oggi mi piacerebbe dire la mia. Vi ringrazio per avermi segnalato Twago… Ho già provveduto e richiedere una mano per creare un account twitter… perché io non ho il tempo e le competenze necessarie per farlo.
All’inizio del Vostro articolo si parla dei Freelance. Posso dirvi la mia? Io dovevo realizzare un portale abbastanza complesso, con varie funzioni ed un e-commerce compreso. Ho fatto preparare un “capitolato” se così lo possiamo chiamare, come se si dovesse costruire una casa. Poi l’ho inoltrato a freelance e web agency per richiedere un preventivo per la realizzazione del nuovo portale…
Volete sapere i risultati? Incredibile… mi sono arrivati preventivi che vanno dai 3 mila Euro agli 80 mila Euro, per la realizzazione dello stesso progetto. Roba da non credere.
Alberto
Ciao Alberto, sono contento che a qualcosa sia servito il mio articolo.
Riguardo ai tuoi preventivi purtroppo succede ed è possibile ma non è solo nel campo web. La stessa cosa vale per Iphone, per il SEO, ecc…
Ragazzi, anche io farò il freelance l’anno prossimo da maggio, quando mi finirà la mobilità. Si perché la mia azienda mi ha messo in mobilità l’anno scorso, e a maggio finisce, e non sono riuscito ancora a trova nulla. Per ora vado avanti coi soldi della mobilità, ma quando finiranno dovrò decidere se aprirmi una partita Iva oppure continuare a cercare, ma purtroppo i soldi mi servono e qualcosa dovrò fare. Per inciso ho 35 anni, non sono un ragazzino.
Forza! Facci sapere
@Carlo Bello
cito “L’impresa si fa con i soldi e le capacità manageriali, col cinismo e la freddezza non con il volontariato.”
Soccia (sono bolognese), ma tu sei passato al “lato oscuro” (scherzo eh!)
Ho capito come vedi la cosa, e ti capisco. Credo però che sia molto importante fare si che le eventuali mancanze altrui (in questo caso i dipendenti) non interferiscano con chi siamo realmente. Non si tratta di “buonismo e volontariato”, ma cercare di creare dei rapporti umani anche in ambito lavorativo a mio avviso non guasta.
Poi come dici tu, meglio rimanere in linea con l’articolo.
L’articolo è molto interessante, ma la discussione che si è generata lo è ancora di più, e questa potrebbe essere una mia risposta a Carlo quando dice che abolirebbe luoghi di discussione come i forum.
E’ ovvio che, come succede tanto al bar quanto nelle riunioni tra manager e\o tecnici, nel momento in cui ci si scambia opinioni si senta\legga di tutto, sta ad ognuno di noi riuscire ad estrapolare quanto c’è di buono e filtrarne il resto.
A volte da una provocazione lanciata da qualcuno e una stupidaggine risposta da un altro, nascono e si elaborano le migliori idee, ma questo è un altro discorso…
Credo che la maggior parte delle considerazioni fatte si possa racchiudere in una frase che cito da Carlo: “Ovunque ci sono buoni e cattivi imprenditori come ci sono buoni e cattivi dipendenti”, e le esperienze di entrambe le categorie si sono formate in base alle persone con cui hanno avuto a che fare durante la propria carriera professionale, per questo che secondo me è totalmente impossibile generalizzare, da una parte Marco potrebbe giudicare una follia cercarsi la grana di lavorare freelance perchè è dipendente nell’azienda perfetta, Alessandro potrebbe dedurre che sia l’unica strada per avere le giuste soddisfazioni personali e professionali.
Per quanto mi riguarda, la mia esperienza mi ha portato a pensarla più come Alessandro, ho lavorato sia per piccole agenzie che per una grande spa, e, dopo aver valutato alcune offerte da lavoratore dipendente (la migliore è stata 1600 euro netti per un profilo senior a 60 km da casa con presenza obbligatoria in ufficio), ho optato per l’impresa individuale un paio di mesi fa. Nonostante la mia giovane età (27) non sono il neofita che si butta nella mischia (ho circa 7 anni di esperienza da sviluppatore ), e concordo quando si dice che la scelta di molti di diventare freelance perchè non trovano lavoro sia un modo per destabilizzare un mercato dove difficilmente il cliente finale riesce a distinguere un profilo rispetto ad un altro e dove ovviamente chi vive in famiglia è in grado di proporre prezzi decisamente più bassi rispetto a chi con il proprio lavoro ci deve campare e mantenere una famiglia, io faccio parte di quest’ultima categoria.
Diciamo che, per fortuna, non soffro troppo questa situazione, nonostante sia molto radicata nel territorio dove vivo, perchè ho deciso di verticalizzare le mie competenze principalmente su una piattaforma dove fino ad ora pochi sviluppatori in Italia si sono specializzati (Magento), e questo mi consente anche di collaborare per la maggior parte del mio tempo con aziende in altre città e regioni in telelavoro, con un notevole vantaggio in termini di tempi, costi e soprattutto produttività!
Chi sviluppa sa bene che a volte le migliori idee vengono quando si è occupati a fare tutt’altro ed a volte, per contro, ci si intestardisce inutilmente su un problema che non si riesce a risolvere, se si è autonomi nella gestione delle proprie ore di lavoro si può trarre grande vantaggio da questa situazione, se invece si è costretti a terminare le 8 ore in ufficio si rischia di perderne 6 inutilmente.
Concludo con una piccola considerazione maturata sempre in base alla mia esperienza personale: in una grande azienda a volte conta MOLTO di più apparire che essere, questo significa che chi appare e non produce potrebbe vedere premiati i propri sforzi (ad apparire), mentre chi produce in breve tempo perde gli stimoli e produrrà sempre meno, questo genera una situazione dove i dipendenti non rendono quanto potrebbero ed a volte gli stipendi sono paradossalmente superiori al ritorno economico che il dipendente stesso porta all’azienda.
@Carlo Bello
“.. generazione di mentecatti..” “… che vuole la pappa pronta..” ?
La sua potenza espressiva e le sue doti nella comunicazione pubblica sono impressionanti.
Non si preoccupi, la mia generazione sta imparando il cinismo alla scuola di quelli come lei.
Sono certo che quando sarà il momento sapremo ricambiarla della stessa moneta.
Nel frattempo le faccio un ‘in bocca al lupo’.
Serve più a lei che a tutti i professionisti che hanno commentato quest’articolo.
@Fabio
:-) vedo che ti sei risentito, ciò significa che al livello comunicativo ho colto e tu, col tuo risentimento, mi dai la giusta soddisfazione.
Molti dei commenti ci sono stati grazie a quel tipo di comunicazione che tu ritieni sbagliata.
In ogni caso riguardo ciò che dici: è ora quel momento!
“quando sarà” è futuro e ci saranno altri giovani che ti scalpiteranno dietro e tu giovane non lo sarai più.
Grazie per l'”in bocca al lupo” serve sempre.
Ti auguro di non fermarti su ciò che sei ma di migliorare sempre.
@Carlo
Se proprio vuoi puoi darmi del tu, te lo confermo.
Anzi, ricambio l’informalità.
Il tuo messaggio a mio parere è inutilmente aggressivo.
Tagliato con l’accetta, miope. Forse hai dei figli e forse prima o poi anche loro faranno parte della schiera dei mentecatti.
Parola, lo ripeto, che ritengo vile e volutamente provocatoria.
Non me ne frega nulla dei commenti che hai generato, che sono invece la conferma che un po’ di dignità è rimasta in circolo, in quest’Italia che tutti conosciamo bene e che tutti amiamo molto, nonostante tutto.
Evidentemente non hai presente l’iniquità che si riflette nella stratificazione sociale e anagrafica del paese, nonostante tu non sia proprio un ragazzino alle prime armi.
Personalmente ritengo che a suon di iniquità e di cinismo il tessuto civile subisca delle lacerazioni difficili da risanare, lacerazioni molto più dolorose di quelle che puoi vivere nella tua azienda, dove il grafico vuole fare il programmatore e viceversa.
I giovani saranno sempre ‘i giovani’, certamente hai ragione.
Ma è la qualità dei vecchi che fa schifo, al momento.
I giovani che ho dietro e che scalpitano possono essere un pungolo, ma i vecchi putrescenti che ho davanti non possono essere un esempio.
Anche perchè ogni tanto si girano e mi danno pure del mentecatto.
Dici che è arrivato il momento di rispodere per le rime?
:)
Va beh, buona serata a tutti..
Complimenti per il commento da giovane vandalo che sporca i muri di non sa chi solo perchè qualcun altro ha espresso un pensiero che non gli va giù.
Hai pienamente ragione su tutto, spero così eviterai di sporcare ancora.
Io, ma io non tu, ho commentato tecnicamente e socialmente il contenuto dell’articolo. Quello che hai scritto tu invece non è identificabile tecnicamente.
Se vuoi cmq sporca ancora. Dimostra quanto sei bravo.
Perchè non creare un sito come quelli che listi di incontro tra sviluppatori e progetti ma completamente italiano, in lingua italiana? :)
sarebbe fantastico!
Dici una cosa di questo tipo http://www.neolancer.it?
L’idea è buona, ma il numero di progetti è basso ed a mio avviso i pochi che ci sono propongono prezzi a cui non è possibile lavorare, a meno che uno non lo faccia come passatempo…
Si Daniele.
In molti di questi siti, si confonde il tele-lavoro con lavoro a basso costo. Il fatto di prendere o dare lavoro via social network o markeplace scatena la voglia dei clienti di chiedere 250 per un sito. Ovviamente tutti liberi di accettare, ma l’intento non è quello. Il mio intento è utilizzare questi strumenti, ma con budget importanti. Per creativi c’è un posto dove molte grandi aziende inseriscono le loro campagne: http://zooppa.it/ ci siete mai stati?
Ciao Lorenzo,
bhè Twago di cui parlo nell’articolo è tedesco ma localizzato perfettamente in lingua italiana.
Puoi tranquillamente prendere lavori dall’estero (in lingua estera del cliente) oppure dall’italia con clienti italiani.
Purtroppo non siamo ancora ai livelli statunitensi, ma questo è un problema di cultura aziendale, quindi della disponibiità delle aziende ad affidare lavori a persone remotizzate e magari mai viste “in faccia”. Di certo non è un problema tecnologico o di idee e Twago non fà eccezioni.
Ho trovato anche crebs.it! :) Mh ce ne sono…
@Luca
Il tuo commento è quanto di più equilibrato abbia letto in questo articolo e nei relativi commenti (compresi prima di tutto i miei).
Tuttavia devo dissentire riguardo “L’unico problema è che di solito, chi fa la scommessa poi non paga pegno, come in realtà dovrebbe succedere, soprattutto con questo squilibrio di forze.”
Spiego perchè. Quando le cose vanno male l’azienda non ha la possibilità di spegnere l’interruttore e buona notte. Esiste quella che si chiama “barriera all’uscita”. Si tratta del fatto che tutti gli impegni: finanziari, (debiti con le banche per finanziare il futuro ricavo), debiti con i fornitori, (dilazione dei pagamenti per ordini effettuati), debiti col fisco (per pagare gli anticipi sulla tassazione), oneri di chiusura (liquidazione della società, atto notarile, concordato tra gli azionisti), conclusione forniture, assistenza e post-vendita ai clienti. Tali impegni non possono essere fermati all’istante e normalmente ci vuole da 1 a 2 anni per le società piccole (intendo in pratica non formalmente).
In questo periodo i dipendenti possono accorgersi che le cose vanno male e cercare altrove e i manager hanno l’obbligo morale di avvisarli per tempo (da noi si fa così, anche quando un dipendente non può rimanere per vari motivi vengono dati almeno 6 mesi di tempo per concludere il rapporto e normalmente li si aiuta a inserirsi altrove).
Vista da questa prospettiva la cosa assume un’altra dimensione e cioè che i dipendenti devono avere un periodo entro il quale accorgersi e “ripiazzarsi” e un altro in cui gli ammortizzatori sociali devono fare il resto. Laddove questi non ci sono (contratti a progetto o a tempo determinato o di collaborazione in varia forma), sono i Manager che dovrebbbero prevederne il costo e aiutare la fuoriuscita. Il tutto anche a vantaggio dell’azienda che ha bisogno di concludere il prima possibile la sua attività, perchè ogni giorno che passa in una situazione di chiusura sono debiti che si accumulano senza entrate!
Va da se che ci sono tanti Manager, (posso dirla?) “Minchioni” (M con M ci sta), che non sanno manco di cosa parlano al bar. Ma ne io ne te su questo possiamo nulla, se non criticarli aspramente quando li abbiamo a tiro. :D
Per quanto riguarda tutti i miei commenti (approfitto per chiarire) sono così sfrontati e duri, perchè sento il bisogno di sollecitare e sottolineare a chi è più giovane che i tempi stanno cambiando ed è impossibile contrastarli individualmente, perchè cambieranno lo stesso solo con più difficoltà. Coloro che hanno un contratto da dipendente possono scendere in piazza (ne hanno tutto il diritto) e programmare il proprio futuro guardandosi attorno. Il problema è che anche il concetto di “attorno” è cambiato, non è più la propria città ma la propria nazione se non il proprio continente. Mi rendo conto che non è bello rivoluzionare il proprio asset familiare, di abitudini, di vita ma diversamente non è nemmeno possibile da soli cambiare il percorso. Magari tutti assieme con movimenti politici, si. Ma questo è un altro discorso e non voglio uscire fuori tema; lo faremo magari se siete d’accordo in un sito di protesta che sto mettendo su di notte :D A presto
Ciao Carlo,
non ho avuto niente a che dire sul tono dei commenti. Sono solamente felice di aver aperto una discussione di elevata caratura, che và oltre la miopia di una semplice lamentela. I discorsi sono più seri e complessi di quelli che sembrano e tutti quelli che hanno commentato ne hanno fatto trasparire la portata.
Lamentarsi pubblicamente non ha senso secondo me, ma scrivere sullo stato attuale delle cose, con persone che capiscono i problemi è una buona strada, e io la sto percorrendo anche tramite questo spazio che YIW concede a tutti noi.
Grazie a tutti!
@ Carlo Bello: Nell’eccessiva sinteticità dell’intervento di prima, non volevo semplificare il regolare e normale corso di un’azienda in difficoltà (piu’ o meno dichiarato), ma quanto succede ahimè, nelle realtà che vedo e tocco con mano quotidianamente da più di dieci anni (non parlo di sentito dire, eh?).
Per il resto (mi riferisco a quando dici di guardarsi intorno con una visione più ampia, rispetto al recente passato) ho girato l’Europa e spero di continuare a girarla.
Il mio è semplicemente un mesto certificare quella che potrei definire come realtà a due binari, ovvero la realtà come la vorrebbero presentare nei salotti televisivi e quella invece molto più articolata che si vive negli ambiti lavorativi.
Mi riferisco sia a cialtronaggine manageriale del “so tutto io”, molto in voga nell’ultimo periodo e cialtronaggine dipendentistica del “faccio il meno possibile, sennò mi sento male”.
Ci sono team in cui sono capitato, dove c’erano delle persone validissime e preparatissime, quindi il management denotava una buona capacità di reclutamento dei capi, ma la dissennata gestione quindi le pessime capacità di governo della situazione hanno disintegrato del tutto il team, facendo sì che si sparpagliasse ai quattro angoli del continente (Divide et impera?).
Ecco, come prima considerazione superficiale, potrei riassumere con:
il management è incapace.
Ma allora la compagnia tutta dovrebbe trovarsi con il sedere per terra, giusto?
Invece no, perchè ancora una volta, la qualità non è parametro di riferimento, perchè serve giusto un pò di manovalanza per far finta di fare hi-tech, poi che i prodotti siano o meno funzionanti e competitivi, può non essere importante. Tanto non interessa nemmeno agli acquirenti… figuriamoci a chi viene pagato per svilupparli.
E in questo brodo delle “conoscenze” degli “agganci” delle “entrature” si muovono figuri che erano nel cosidetto “mercato” prima di noi, e ci saranno molto probabilmente dopo.
Ma non solo (e torno, spero in topic), se la risposta è fare il freelance… questo si può fare senza alzare troppo la testa, perchè se si entra in giri di denaro importanti, allora si pestano i piedi a qualcuno e dipende da chi è questo qualcuno, può significare chiudere la parentesi “in proprio”.
Cerco di chiarire, questo che ho esposto è il classico metodo che usa la criminalità organizzata, non ovviamente quella dei romanzi e dei film, ma in fin dei conti è una specie di “pizzo” che si paga. Insomma, puoi fare pure la tua aziendina, l’importante è che non dai fastidio, che non fai ricorsi alle gare, perchè in caso contrario non lavori più e verrai deleggittimato.
Insomma non si tratta di mafia, di lupara e di sangue, ma il principio è esattamente lo stesso.
Questa è la realtà che ho visto ed è una palla al piede gigantesca che conviene solo ed esclusivamente ai pochi (ed in proporzione sono molto pochi) che davvero ci guadagnano.
Non conosco poi il volume d’affari della tua azienda e non so se ti sei trovato mai in situazioni poco simpatiche, ma la risposta del “cinismo” credo sia un mitigato eufemismo, poichè non limitato alla semplice volontà ed integrità morale, che ognuno gestisce per se, ma alla mera prevaricazione, forte dell’inconsistenza statale che viviamo quotidianamente.
Spero di non sembrare troppo apocalittico o complottista, ma per quanto ho visto, mi ripeto è la cruda e semplice realtà.
In bocca al lupo a tutti
@Alessandro ho chiarito per le risposte del laziale @Fabio che si è abbandonato ad un imbrattamento di quella che definisci “una discussione di elevata caratura”
@Luca hai descritto abbastanza dettagliatamente ciò che ogni azienda vive quotidianamente. Anch’io ho la stessa esperienza e anch’io ce l’ho a più livelli di progetto.
Tuttavia non mettere in concorrenza il freelance con l’azienda perchè lavorano su due piani diversi e non possono farsi concorrenza.
Infine credo sia doveroso ricordare che, nonostante la disonestà imperversi e i manager siano bravi a cavalcarla esistono anche organizzazioni private e pubbliche oneste.