Editoriale: quando le idee sono IN e la moda è…OUT
“Fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, di modelli estetici e comportamentali, nel gusto, nello stile, nelle forme espressive”.
Fonte: Enciclopedia Treccani
Moda. Nata per necessitá, evolutasi in quel che amo definire come “il pensiero nascosto dell’introversione esibizionista”. Storicamente riservata alla nicchia aristocratica, ossessa dai principi di distinzione sociale, mantiene oggi le proprie radici, estremizzando il concetto e condizionando qualsiasi forma artistica e rappresentando una vera e propria – permettetemi il gioco di parole – anticamera dell’anticreativitá.
Ipse Dixit. Uno dice, cento fanno. E se fossero solo cento, l’era del trash mediatico sarebbe da tempo stata condannata a marcire, pronta per la grande fiaccolata. La valenza sociale rimane comunque indiscussa, ipnotica come non mai, modaiola da morire ed insensatamente contraddittoria. Se l’aristocrazia settecentesca identificó nella moda la propria sorgente di distinzione, oggi la stessa si materializza in un’incredibile cliché di massificazione. E – concedetemelo – di simile, alle due correnti, é rimasta solo la rima nella succitata definizione.
Tradotto: una moda, quando é moda, design parlando, é giá obsoleta. Peccato capitale ispirarsi ad uno stile sulla via del tramonto. Design é futuro, la progettualitá deve oltrepassare certi confini, ed attenzione quando il confine diventa un limite. Due possibilitá. Navigare sulla cresta dell’onda o guardare oltre, innovando.
Parlo pure della pseudoinnovazione a rate che da anni, decenni anzi, ci viene proposta-(imposta) dal mercato tessil-stilistico. I vari guru – cosiddetti visionari – altro alle spalle non hanno che una solida struttura di marketing e le risorse economiche per stupire e rincitrullire la folla con la potenza del proprio marchio.
Attingere dai tempi che furono, tali “seventies”, e riproporre in chiave moderna gli elementi-fulcro del periodo piú brillante e creativo nonché fonte intellettuale over-the-top dell’ultimo secolo, per me è un paradosso che assolutamente non condivido.
Aggiungendo al tutto una girandola stagionale di colori “in-out” si dá il via ad cocktail di assurditá senza precedenti.
Se tutto ció fosse vero, se dovessimo forzatamente seguire la moda – questa – dei colori imposti e se il designer “colto” ne risentisse al punto da farsi influenzare, spiacente, cambierei settore.
In questo caso non esiste affermazione piú idonea di “La natura creó i colori, la scienza li motivó, il (vorrei essere un) designer li distrusse”. Quando un colore diventa lo stereotipo proposto a migliaia di persone, unite nell’unico intento di indossare quel che viene imposto dall’alto della piramide mediatica, siamo proprio giunti al limite menzionato in precedenza.
Il designer puó e deve segnare nuovi confini con la propria creativitá, quella vera, visionaria e nascosta. Magari snobbando le mode, i colori e gli stili “in-out”, puntando alla bellezza essenziale poiché un capolavoro, lasciatemelo dire, é arte senza tempo.
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Vi seguo in silenzio da diverse settimane e adesso, in occasione di questo editoriale, stimolante e polemico quanto basta, ne approfitto per lasciare un segno della mia presenza.
Interessanti le tue riflessioni, quasi filosofiche. Ma.
Ma intravedo, celato tra le righe, un paradosso: in fondo, se un’opera d’arte non viene riconosciuta dal pubblico come tale, può essere definita opera d’arte? Cos’è che rende una scultura, un quadro, un qualsiasi progetto di design degno di essere definito “arte” se non il giudizio e l’accettazione popolare? E, con essa, le brame di emulazione? E in fondo, l’arte tutta non è semplicemente una moda?
Possiamo spaziare in ogni campo, dall’architettura (perché nel 600 il gusto collettivo era orientato verso i riccioli del barocco e adesso no?) alla pittura (una nuova gioconda, dipinta nel nostro presente, stupirebbe i critici in egual modo?).
Per concludere: un capolavoro è arte senza tempo, ma..chi può arrogarsi il diritto di giudicare un’opera capolavoro?
Soprattutto se l’opera è frutto di una “creatività visionaria”, chi può veramente comprenderla e sancirla come “capolavoro senza tempo”, ed imporre questa definizione alla collettività come dato di fatto e non gusto soggettivo?
Caro Shogun,
innanzitutto un sincero e cordiale saluto da parte mia, benvenuto a yourinspirationweb.
Prima di iniziare con la risposta vorrei fare una premessa. Ho accettato di collaborare con questo magazine per diversi motivi. Uno, peró, in particolare. Gli snob lo chiamerebbero Mind-Sharing. Condividere o confrontare? Chissá.
Il tuo commento, tuttavia, mi rende felice. È proprio questo che YIW vuole raggiungere, ovvero uno scambio di opinioni su diversi livelli, una cosiddetta (e molto snob) apoteosi dei pareri. Ti confesso che ho dovuto leggere la risposta svariate volte per immedesimarmi ed interpretare correttamente le tue parole. Dopo circa dieci minuti sono giunto ad una conclusione, la seguente.
Le tue osservazioni in parte le condivido, ma attento a non uscire fuori tema rispetto al reale intento dell’editoriale. L’articolo non mira a contrapporre l’oggettivitá o la soggettivitá di un capolavoro o di un’opera d’arte. A prima vista tutto potrebbe alludere a questo, ma non é cosí. Preferirei definirlo come un insieme di mini-paradossi. Il mio scopo é invitare a riflettere, un invito rivolto a tutti i lettori.
Hai riportato il concetto di opera d’arte in modo condivisible, per certi versi semplificandolo. Vorrei partire dalla mia spiccata ignoranza nel campo della pittura, un esempio validissimo per mostrare ció che intendo. Prendi dieci quadri, cinque di eccellente realizzazione ed universalmente riconosciuti come dei capolavori. Affianca altri 5 quadri comuni, “rubati” al talentuoso quanto sconosciuto pittore sotto casa. Io, non avendo mai visto nessuno dei dieci, sono chiamato a dare un giudizio, chiuso in una camera. Altre persone saranno sottoposte allo stesso test, alcune delle quali conoscono in modo alternato parte capolavori, ma non sempre gli stessi. Sarei curioso di confrontare il risultato finale.
Una risposta te la posso dare giá adesso, e questo vale per tutti gli esempi che hai fatto. Io mi limito ad osservare a primo impatto il quadro, giudicandolo coi miei gusti. Un semplice “é bello” o “meno bello” rapportato al mio personalissimo modo di vedere. Di quanto cambierebbe questa classifica se aggiungessimo un pó di know-how tecnico al mio improvvisatissimo metro di giudizio? Il dibattito si alimenterebbe all’infinito.
Tornando alla pura semplificazione, ti chiedo: perché i cinema si riempiono per un film di XYZ e restano vuoti per un umile ma brillante lungometraggio coreano? Dove sta il metodo di giudizio? Anche se pubblicizzato da colossal, quanti riterrebbero accettabile il secondo esempio? È “piú capolavoro” il primo o il secondo esempio? Oggettivo o soggettivo?
Paradossi su paradossi, e storicamente motivo di divergenza intellettuale. Questi dibattiti sono all’ordine del giorno e non credo esista risposta definitiva. Magari il tutto é da limitarsi alla percezione primitiva dell’uomo o semplicemente ai propri (??) gusti. Forse dipende dal livello culturale, o forse é l’insieme di questi e tanti altri elementi?
Un invito al pensiero, come accennato in precedenza. Poiché la risposta, paradossalmente, la conosciamo solo noi.
Caro Daniele,
mi rallegra notare che il mio commento – o meglio, i miei interrogativi – ti abbiano dato un ulteriore spunto di riflessione. Mi compiaccio anche io di questo rispettoso scambio di opinioni, sul web è oramai cosa rara e preziosa.
Non era mia intenzione andare fuori tema, ho anzi colto proprio il tuo “invito alla riflessione”, nonché il tuo poco velato disdegno delle mode. Approvo, e applaudo, ogni sillaba del tuo editoriale, per quanto riguarda i concetti di massificazione e di schematizzazione degli stereotipi. A farmi storcere un po’ il naso, lo ammetto, è stato quel leggero narcisismo che ho colto tra le righe.
Ma forse è stata solo una mia sensazione.
Capolavoro: b. Opera (e per estens. anche azione, impresa, comportamento) eccellente in genere. Fonte: Treccani
Entrambe le opere, che si tratti del lungometraggio coreano o del film demenziale natalizio, possono essere ritenute capolavori, se nel loro genere raggiungono l’eccellenza. Credo che sia profondamente scorretto confrontare, sulla ripida scala metrica dell’arte, due opere appartenenti a generi e/o correnti stilistiche differenti.
A questo punto, credo, si aprono due strade: nella prima, basata su una filosofia un po’ spicciola forse, ogni frutto della dote umana è arte e tutto è capolavoro.
Così, il tuo lungometraggio coreano (quale? – curiosità) è un capolavoro così come lo è il quadro del talentuoso, solo che eccellono sotto parametri diversi. E in questo caso non c’è critica che tenga: si può giudicare, alla fine, la creatività? Si può vincolare la fantasia alla tecnica?
Nella seconda strada sono rare le opere che si possano definire eccelse e non sta certo a noi giudicarle tali.
eccellènte: agg. [dal lat. excellens -entis, part. pres. di excellere «eccellere» e agg.]. – 1. Propr., superiore agli altri o alle altre cose dello stesso genere, per merito, qualità, bontà e sim.; quindi, comunem., di gran pregio, di molto valore, ottimo.
Sta quindi a chi ha, appunto, lo know-how tecnico necessario, reputare “eccellente” un’opera o meno. D’altronde il pregio non sta nella bellezza o nel gusto personale, ma nella completezza e perfezione di determinati parametri prestabiliti.
Mi sono dilungato troppo e forse sono sceso nel prosaico, ma è veramente affascinante la diatriba tra soggettivo ed oggettivo.
Attendo con rinnovato interesse una tua nuova elucubrazione.
Caro Shogun,
rinnovo il saluto e passo direttamente alle tue osservazioni.
Le parole conclusive dell’editoriale, dove pongo l’accento sulla convergenza (divergenza) arte / moda, sono frutto di una riflessione personale che é, di fatto, interpretabile in tanti modi.
Ho utilizzato i termini “capolavoro” ed “opera d’arte” in modo mirato, senza voler scendere in storici dibattiti causati, alla fine, dall’uso alternativo di due apparentemente banali sostantivi. Ti spiego.
Durante gli ultimi duemila anni quanti artisti sono riusciti a partorire dei cosiddetti capolavori senza aver mai subito uno specifico, quanto inarrivabile, percorso di formazione? Grazie alla sola passione, premessa comunque una sostanziosa dose di talento innato e tanta intraprendenza, numerosi visionari sono stati immortalati nei secoli successivi, alcuni divenuti esponenti per eccellenza di un dato periodo.
Ed oggi? Basti pensare alle possibilitá che offre internet, al webdesign, al design tridimensionale ed alla grafica digitale in generale. I mezzi ci sono tutti ed alla mano, considerando i vari Blender, Gimp o le risorse di Photoshop messe online gratuitamente dalla comunitá mondiale.
Ricordi certe campagne di marketing nate nei meandri di uno stanzino universitario, successivamente acquisite da colossi multinazionali? Oppure le tante opere incomprese presenti su cgsociety (uno degli argomenti nei prossimi editoriali).
Esistono milioni di altri esempi.
Oggi si hanno molte piú chance di scoprire il talento celato e di creare, nel proprio piccolo, dei capolavori. Io non partirei dalla definizione encliclopedica di codesti termini, poiché anche qui finiremmo nel vortice della soggettivitá e nell’eterna – come hai detto tu – diatriba fra il soggettivo e l’oggettivo. E, posso assicurarti, non é qui che volevo arrivare. Piú semplicemente sottintendevo, relativamente al discorso riferito all’innovazione, il dovere di distaccarsi dalle mode per sfruttare in modo unico questo talento. Ed il mio intento é estremizzare in positivo di tale concetto.
Mi trovi comunque d’accordo sui due modi di valutare un’opera anche se, personalmente, ritengo che entrambi si possano fondere in un’unico metro di giudizio.
ps.: non mi riferivo ad un film coreano in particolare.
Bel pezzo Daniele! scrivi davvero molto bene e l’argomento è ben delineato in poche righe. Sarei curioso di vedere un tuo portfolio…
Caro Igor,
ti ringrazio per le belle parole. Fra un click e l’altro ho visitato la tua pagina e devo dire che hai stile da vendere. Complimenti e continua cosí.
Il mio sito é down da diverse epoche a causa delle mille idee che mi frullano per la testa e non ho ancora preso una decisione in merito. Spero di risolvere il problema al piú presto.
Un caloroso saluto.
dn
Grazie mille Daniele! ricevere feedback positivi da persone in gamba del mio settore fa sempre molto piacere! si vede che sono sulla strada giusta.
Anche io prima di mettere su quello che ho (che tra l’altro è ancora in transformazione) ho fatto mille prove scaturite tutte da 1000 idee tutte diverse… alla fine mi son dato un limite di tempo e ho sfornato quello che hai visto. ra son contento di aver preso questa decisione… Forse dovresti afre anche tu così… altrimenti entri in un tunnel creativo e non ne esci più :)
Caro Igor,
é corretto ció che dici, bisogna riprovare e sperimentare fino a raggiungere il risultato perfetto. Fai bene ad insistere e migliorare costantemente la tua presenza sul web. Nel mio caso, peró, la situazione é leggermente diversa e non é legata ad una personale confusione creativa bensí ad una svariata quantitá di motivi. Non ho fretta di pubblicare il mio portfolio ma faró in modo di accelerare i tempi.