Gli Antisocial

Pare che alle prossime Olimpiadi verrà introdotta una nuova disciplina sportiva: criticare i social network.

Giornali, tv, la vicina di casa, lo spacciatore di lombate sotto casa mia, tutti vanno in puzza quando si parla di social, o meglio, di Facebook. Sì, non lo nego, anche io mi alleno a lanciare palle di letame su Facebook: faccio parte senza ritegno di quella mandria nutrita di ipocriti che sputano nel piatto in cui mangiano. Solo che io sputo appunto nel piatto, non su quello che mangio, c’è differenza.
Vorrei provare a scarabocchiare un profilo degli Antisocial e specie affini che ho incontrato lungo la via da quando Facebook ha intasato i discorsi degli italiani togliendo un 20% di parole alle argomentazioni più amate: il calcio e il pallone per lui, gli uomini e i maschi, per lei.
Perché, a quanto pare, ultimamente dire di essere iscritti a Facebook è come ammettere ridanciani di aver squartato un pullman di bambini in gita scolastica e di averli ammorbiditi per bene prima di farli alla griglia sotto una bella nevicata di rosmarino.
La domanda che mi pongo ogni volta è: ma gli Antisocial sono davvero così puri e “giusti” rispetto a noi social-tenenti?
Io dico di no.

Vediamolo. Partiamo dal primo Antisocial per eccellenza, il…

“Preferisco la vita reale”

Il “Preferisco la vita reale”, anche conosciuto come PVR (sembra il nome di un esame al colon), è quell’individuo che teme… no, ma che dico, è letteralmente terrorizzato dall’idea di essere associato anche solo per sbaglio a Facebook. Se sospetti una sua iscrizione o la dài per scontata, potrebbe arrivare ad aggiungerti nella lista della spesa della mafia, se non addirittura a riempirti il caffè di Guttalax.

Per lui Facebook aspira con una cannuccia invisibile la vita privata delle persone e i dati più sensibili, pubblicandoli tutti di sua sponte e non c’è nessun modo per fermarlo. Dire che basta semplicemente non inserire dati sensibili non vale come tesi difensiva.
Facebook è un’ebola virtuale, la pandemia ultima che porterà l’uomo all’estinzione, o peggio, lo riporterà sui banani! Un asteroide grande come l’Arkansas non potrebbe fare più danni dell’iscriversi a Facebook, quindi lui non si iscrive perché vuole mantenere in vita la sua persona e la sua intelligenza, dice. In pratica ti dà velatamente dell’ameba.

Per fortuna lui rimane nella vita reale e se lo incontri puoi far finta di non vederlo, mentre se fosse su Facebook, saresti costretto a dargli retta e “non ho visto il messaggio scritto in maiuscolo e sbattuto sulla mia bacheca dieci volte” non varrebbe come tesi difensiva.

L’arringatore

L’arringatore, anche conosciuto come “A lo scorticaballe”, non è un venditore di aringhe con due erre, è quello cui non basta non essere iscritto a Facebook e finirla lì, no, deve dirti anche perché. Un perché chirurgicamente non richiesto,  ma che sai di non poter evitare. Passerai i prossimi venti anni ad ascoltare un trattato sociopsicopoliticofilosofico sulla radioattività di Facebook, invocando ad ogni respiro un attacco di sordità o l’asteroide grosso come l’Arkansas che ti si pianti qui, al centro della testa, ma niente di tutto questo può salvarti dall’arringatore, perché lui ti seguirà arringando il suo No a Facebook fino alla bocca dell’imbuto infernale.

Se ti salvi dall’arringatore vieni considerato eroe nazionale, se muori, un martire. Comunque anche lui ti dà del deficiente coadiuvato dalla sociopsicopoliticofilosofia.
Io gli darei due sifule sulle gengive e senza alcuna coadiuvata.

Quello che ha pochi contatti…

…perché appena si è iscritto a Facebook ha cominciato ad aggiungere famelico sconosciuti trovati nelle liste contatti altrui, mandare in ogni direzione  poke, inviti, baci, abbracci, sorrisi, fiori, bimbominchierie da Facebook, offendendosi con rabbia schiumante per non aver ricevuto di ritorno i baci, gli abbracci, i sorrisi, i fiori e le bimbominchierie. E’ quello che non ha una vita sociale nemmeno offline, se non consideriamo la madre e la ragazza della linea erotica con la quale vuole solo parlare, ma ovviamente non è colpa sua, è colpa degli altri che non capiscono quanto lui sia un bravo ragazzo, dolce, sensibile e affettuoso. Ma hanno capito benissimo che è appiccicoso come una leccata di Pattex millechiodi.

Finché riceve risposta entro due minuti dal suo ultimo messaggio è un cucchiaino di miele pronto a glorificarti nell’alto dei cieli, quando la tua risposta non è celere perché hai una vita oltre Facebook e le ragazze dell’hotline, diventi come tutti quelli che gli hanno rovinato l’esistenza.
E lo conosci da dieci minuti.

Continua…

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L'autore

"Quella che fa i siti" per i clienti, Smanettona per se stessa e Web Designer per chi la sopravvaluta, Francesca o "Pikadilly" ha cominciato a lavorare in rete quando si è resa conto che le scorte di cibo erano drasticamente finite. Adesso sopravvive nella giungla del web bloggando improponibili esperienze legate al difficile rapporto con la clientela e cercando di convincere il mondo che l'essere smanettoni è una cosa serissima.

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