Dibattito: estetica vs funzionalità

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I Mondali di calcio: quattro anni, d’astinenza adepti e praticanti, di pace per gli anti-pallonari, di attesa per chi trasforma, la più importante manifestazione calcistica del pianeta, in espediente per avviare business, fare affari sull’onda dell’entusiasmo e del momento. D’altronde, un target planetario ingolosisce qualunque azienda, anche la più lontana dal mondo del calcio, figuriamoci quindi quelle legate a doppio filo a questo sport, come ad esempio la Adidas, che dal 1930 realizza in esclusiva i palloni del Mondiale.

Valutarne l’evoluzione, soffermarsi sulle ragioni che hanno portato dalla semplice cura tecnologica all’attenta strategia di marketing, basata su design e nome stesso del pallone, rende l’idea di come il mondo del calcio sia passato dall’essere un semplice sport ad un vero e proprio salvadanaio da rompere all’occorrenza, anzi, alla ricorrenza giusta.

Così, se nel 1970 il pallone cambia radicalmente design e struttura in funzione di una nuova tecnologia di costruzione, che permette una forma molto più sferica dei precedenti palloni in cuoio rosso, dal 1978 in poi è l’immagine commerciale da dare al pallone e non più il suo contenuto tecnologico a spingere la casa tedesca a cambiare colori e design dei palloni dei Mondiali, pur restando ogni cambio di look simbiotico ed indicativo d’una qualche (ma non meglio precisata o importante) miglioria tecnologica. Dal 1990 infatti, con l’introduzione della schiuma sintetica, ben poco è cambiato nella progettazione delle sfere da calcio più moderne. Eppure, esteticamente, com’è verificabile dalla foto, il design è stato completamente stravolto.

Il principio è chiaro: se per una quindicina di giorni i palloni dovranno accondiscendere alle esigenze ed alle richieste dei calciatori impegnati nei mondiali, che ne decreteranno il successo tecnologico, per i successivi quattro anni saranno i giocatori di piazzette e campetti ad averlo tra i piedi, qualche milione di “clienti”, e saranno proprio e solo loro a decretarne il successo commerciale, preferendolo ad altri sugli scaffali dei negozi sportivi, non provandolo ma guardandolo.

Ardua la scelta tra un “buon” pallone ed un “bel” pallone, sia nel comprarlo che costruirlo; per quanto emerge dalle prime impressioni dei calciatori impegnati nei Mondiali del Sud Africa 2010, pare che Adidas, nel suo “Jabulani”(pallone ufficiale del mondiale), si sia concentrata fin troppo sull’estetica, sul marketing, sul design, dando poco (o per nulla, ndr) ascolto alle istanze di portieri e calciatori:

tratto da “Il Corriere dello Sport”

IL NOME – “Jabulani” è una parola in lingua bantu isiZulu, una delle undici lingue ufficiali della Repubblica Sudafricana […]  significa “festeggiare” o “celebrare” […] il nome del nuovo pallone sta a simboleggiare la grande festa calcistica che gli appassionati di calcio desiderano celebrare il prossimo anno insieme al popolo sudafricano.

IL DESIGN – Undici colori diversi sono stai utilizzati nell’undicesimo pallone Adidas per i campionati del mondo, undici colori che simboleggiano gli 11 giocatori di ciascuna squadra, le 11 lingue ufficiali del Sudafrica e le 11 tribù sudafricane che fanno di questo paese uno dei più etnicamente “variegati” del continente africano. Il design dai colori vivaci riconduce così l’enorme molteplicità del paese in un’unità armonica (“Diversity in Unity”). Quattro elementi triangolari su sfondo bianco conferiscono al pallone un aspetto unico, in cui si riconosce lo spirito africano. Così come nel rivestimento esterno dello stadio Soccer City di Johannesburg, anche nei singoli elementi di design del pallone si esprime l’enorme bellezza dei colori del Sudafrica. Conformazione tridimensionale dei pannelli del pallone. Otto elementi tridimensionali di forma sferica in EVA e TPU sono saldati termicamente tra loro e si congiungono armonicamente attorno alla carcassa interna, e il risultato è una sfericità perfetta.

Venendo all’introduzione di migliorie tecnologiche, però:

«Le “aero grooves” sono scanalature chiaramente visibili sulla superficie e che circondano l’intero pallone in modo ottimale. Questi solchi conferiscono proprietà ineguagliabili di stabilità in volo e rendono questo pallone il più preciso tra quelli realizzati da adidas».

I pareri dei giocatori sono ben distanti dai proclami della casa costruttrice:

«Buffon («Il nuovo modello è assolutamente inadeguato e credo che sia vergognoso far disputare una competizione così importante, alla quale prendono parte tanti campioni, con un pallone del genere»). Julio Cesar («Un pallone da supermercato»), Casillas («È davvero triste il fatto che una competizione così importante come i Mondiali debba essere giocata con un pallone davvero orrendo»), Marchetti («Quando si studiano i nuovi palloni si consultano sempre i giocatori: ma sempre chi calcia, non chi para. La Fifa dovrebbe mettere in commissione anche un portiere»). Hanno avuto da ridire anche gli attaccanti: «È difficile anche per noi – spiegava Giampaolo Pazzini – perchè se arriva un cross e tu calibri il colpo di testa, poi il pallone scarta e rischi il liscio. Per me è un disastro».

Dove stia la verità non è dato saperlo, di certo tra qualche mese lo “Jabulani” starà in tutte le vetrine dei negozi sportivi del mondo, e quelli saranno sì i giorni della verità, i più attesi dall’Adidas.

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L'autore

Chi è l'autore: Marco Di Mauro. Non sapendolo bene ancora lui stesso, non è in grado di fornire adeguate risposte in merito; attualmente frequenta la Facoltà di Ingegneria Gestionale di Catania.

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